User Interfaces: la logica dello “swipe” e l’intimità “schermata” di Tinder

Vittoria Maggini
5 min readJul 5, 2021

--

Tinder è una dating app per dispositivi mobili nato nel 2012, che attraverso delle tecniche peculiari ha stravolto il mondo degli appuntamenti amorosi, al fine di “ludicizzare la ricerca di partner utilizzando posizione, immagini e messaggi. Un’app di incontri semplificata con un focus sulle immagini”, come è stata descritta dal CEO e co-fondatore Sean Rad.

Tinder è stata anche una delle prime “swiping apps”, in cui l’utente utilizza un movimento di “strisciata”, verso destra o sinistra, per scegliere, tra le foto degli altri utenti che gli appaiono nella Home, coloro cui sono più attratti. Al fine di avere una corrispondenza, entrambi gli utenti devono fare “swipe” (e cioè scorrere) verso destra: a quel punto, un’animazione pop-up mostrerà le fotografie di entrambi gli utenti e consentirà loro di messaggiare privatamente. Lo swipe a sinistra, invece, elimina il profilo di un utente e rivela l’immagine del successivo.

Questo tipo di gestualità rende la ricerca di potenziali partner così facile e veloce che ha spinto alcuni esperti a descrivere l’app come uno “shopping di partner” (Baxter, 2013), mentre l’Urban Dictionary Online lo ha definito “il McDonalds per il sesso”. Dunque, se da un lato Tinder “ha capovolto il modo in cui le persone single si connettono” (Grigoriadis, 2014), dall’altro ha alterato l’accezione classica di “intimità”, e per mezzo dello swipene ha evidenziato non solo la velocità e l’immediatezza, ma anche l’etereità e volatilità.

Partendo da questo presupposto, i ricercatori Gaby David e Carolina Cambre hanno condotto un’indagine etnografica di sei mesi nel 2016 e attraverso l’analisi di chat, interazioni e interviste, hanno cercato di ridefinire il concetto di intimità online di Tinder, mediatizzata e depersonalizzata, e per questo chiamata “intimità schermata” (“screened intimacy”).

Le prime dating apps giungono sul mercato delle User Interfaces (UI) a inizio anni 2000: nel 2003 con “Facemash”, precursore di Facebook, un gioco per gli studenti di Harvard in cui bisognava commentare se l’utente fosse “sexy o no”. Nel corso del tempo, sono emersi molti altri siti di incontri simili, come “Meetic.com”, “Match.com”, e “Grindr” nel 2009. Ciò che tutti hanno in comune, è che pur essendo stati presentati ufficialmente come siti di incontri sentimentali, gli intervistati percepivano tali siti come luoghi di incontri sessali occasionali, Tinder primo tra tutti.

Innanzitutto, i siti di incontri hanno in comune il ruolo cruciale delle immagini, che funzionano come esche e invogliano gli altri utenti a connettersi. Da quando i dispositivi mobili hanno preso il sopravvento, l’atto di toccare il piccolo schermo e il suo spazio espositivo è diventato una caratteristica intrinseca per gli utenti che ne sono immersi. Azioni come “scrolling”, “zapping”, “clicking”, “swiping”, favoriscono questa immersione degli utenti nell’interfaccia, tanto che lo stesso motto di Tinder è “Any swipe can change your life” (“ogni swipe può cambiarti la vita”), invogliando alla possibilità di presunta intimità.

A differenza di altri siti di incontri, in cui gli utenti possono vedere chi ha visitato i loro profili, su Tinder gli utenti possono solo mettersi “like” o meno. All’utente che vuole iscriversi, l’app chiede di accedere tramite numero di telefono, account Google o Facebook, e fornire informazioni come immagini, età e la geolocalizzazione del dispositivo, che costituiscono i criteri di ricerca di possibili corrispondenze. Sebbene gli utenti possano aggiungere testi di presentazione (con un massimo di 500 parole), la maggior parte predilige l’impatto visivo delle immagini come miglior modo di presentarsi agli altri. Le interazioni quasi esclusivamente basate su immagini sono cruciali per l’emergere della logica dello swipe, anziché linee di informazioni di profilo. Infatti, Tinder invita a scegliere un massimo di sei foto, preferibilmente tra quelle dei rispettivi account Facebook (in modo da verificare l’identità dell’utente).

Le cose cambiano con Tinder Plus, a pagamento, che consente “like” illimitati e la possibilità di modificare la propria geolocalizzazione e connettersi con persone ovunque nel mondo. Gli algoritmi dell’app hanno la funzione di diminuire il numero di profili visualizzabili all’aumentare del suo utilizzo. Di conseguenza, a meno che un utente non paghi per Tinder Plus, sono disponibili solo 20 “swipe” consecutivi a destra (“like”) ogni 12 ore. Accade spesso che gli utenti aggirino queste regole: per esempio, cambiando le impostazioni del profilo da “in cerca di uomini e donne” a “in cerca di uomini” o “in cerca di donne”, compaiono diverse raccolte di potenziali abbinamenti.

Nel 2014, durante un’intervista, il CEO di Tinder Sean Rad ha celebrato la logica dello “swipe” dell’app: “È (come) una sessione di casting e tu sei sulla sedia del regista. […] Alla fine della giornata, è solo una grande festa, e tu te ne stai lì seduto dicendo sì o no. L’ironia di Tinder è che in qualche modo la mancanza di informazioni, o di testo scritto, è in realtà meno superficiale dell’avere le informazioni”. Questo tipo di strategia della modernità può esse ricondotta alla teoria della moralizzazione dei sentimenti di Massumi, dove la complessità delle cose viene ridotta in un semplice “sì” o “no”, “bene” o “male”, “A” o “B”. Il criterio della scelta binaria funziona perché accettata dagli utenti stessi, per questo Massumi parla di moralizzazione.

Le tecnologie basate sulle immagini e sulla velocità, portando all’astrazione del corpo, causano quella che Bartram chiama “un’esperienza prodotta dall’imperativo di creare l’istantanea e onnipresente disgregazione delle soggettività”: gli utenti effettuano gli stessi movimenti seriali, mentre i loro corpi sono persuasi a rimanere statici: “È come la cocaina per la mente. Immagine dopo immagine, e non devi nemmeno leggere le descrizioni. Tutto ciò che fa è innescare tutti gli stessi sentimenti che i ragazzi hanno quando erano giovani e rubavano il primo Playboy del loro papà” (Wygant, 2014).

Le presunte intimità “schermate” favoriscono collegamenti spontanei e immediati, in virtù della velocità e dell’informalità, riassunte in una micro-azione ferma e decisa, lo “swipe”, già esistente in passato (pensiamo allo sfogliare delle pagine o le carte), ma che gli sviluppatori di Tinder sono riusciti reinserire nel repertorio individuale in modo predeterminato e ripetitivo, tanto che ora l’azione spesso viene prima associata all’app.

L’accelerazione che la logica dello swipe di Tinder incoraggia porta ad una scissione temporale tra il tempo reale delle attività e il tempo reale dell’interattività dei media che privilegia l’”ora” (Bartram, 2004). Tale compressione temporale, favorita dalle moderne interfacce utente, può essere ricondotta alla “dromologia” del filosofo moderno Virilio, intesa come “la scienza (o la logica) della velocità”, che suggeriva di pensare alla compresenza dei due utenti che interagiscono, uno da una parte e uno dall’altra dello schermo.

In definitiva, ciò che emerge secondo David e Cambre, è che la peculiarità dell’intimità “schermata” caratterizzata dalla logica dello “swipe” sia dovuta dal fatto che gli utenti si impegnano consapevolmente nella proposta dell’intimità come levitas (volatile, eterea e rapida), navigando su Tinder aggirandone o meno i limiti e con l’obiettivo di promuovere sé stessi e la loro immagine. Allo stesso tempo, il potere decisionale degli utenti è limitato e legato a un “sì” o un “no” binario, escludendoli dal definire liberamente come interagire con gli altri e influenzandone gli atteggiamenti attraverso la velocità e omologazione di una gestualità ripetitiva.

--

--

Vittoria Maggini
Vittoria Maggini

Written by Vittoria Maggini

0 Followers

23 y/o graduated in Political Science in Florence, currently doing a Master in Communication Strategies in Siena. Passionate journalist for Culture Globalist

No responses yet